Musicisti e Musicanti
Paolo Parmiani recita la “Leggenda della Manfrina di Passogatto”
Correva l’anno 1859 e il giorno di San Giovanni, 24 giugno, in un remoto paesino della pianura romagnola si festeggiava l’inizio della mietitura.
Da tutte le parti arrivavano mercanti, saltimbanchi e suonatori… tra questi ve n’erano due molto abili che dalla montagna eran scesi a piedi seguendo il corso del fiume Santerno. Si chiamavano Mingòn e Tugnàz, uno suonava il violino, l’altro suonava l’organetto. Giunti in prossimità della bolgia si accorsero di essere sulla riva sbagliata del fiume. L’acqua era alta e non volevano rischiare perciò dovettero pagare la gabella (cinque soldi) ad un traghettatore soprannominato e Gàt (padrone del passo) che li portò sulla riva sinistra del Santerno…così arrivarono stanchi, affamati e a tasche vuote.
Incominciarono a suonare di casa in casa presentando i dovuti rispetti ma appena sentivano quei profumi di arrosto e di zuccherini… i padroni li mandavano via dicendo di andare a suonare da un’altra parte… e che “ad arrosto e zuccherini ci avrebbero pensato i loro parenti”.
Bussarono anche dal prete, che ahimè diede loro solo un pezzo di pane secco, un bicchiere d’acqua poi li salutò in fretta. Si seppe poi che era andato a pranzo da Frazcò, il riccone del paese.
Mingòn e Tugnàz erano disperati. Videro in fondo alla strada un capanno con qualche albero. Con il caldo che fa – disse Mingòn – potremmo riposarci un po’. Fu così che arrivarono a cà dè Purèt.
E Purèt era un uomo di cuore, ma povero. La sua ricchezza era la Minghjna, la moglie, una brava cuoca. “Mèt sò la padèla” disse a Minghjna… “Iquè a javèn dù afamé”
Questa prese cipolle e fagioli li mise in una padella sul fuoco poi mandò e Purèt in cantina a prendere delle salsicce e del buon vino “Tùl din t’la bot de cantò” gli urlò la Minghjna.
Mingòn e Tugnàz mangiarono “cun n’in stéva piò” ed erano anche un tantino alticci. Si addormentarono all’ombra degli alberi e fecero tutti e due lo stesso sogno…sognarono una nuova musica! Si svegliarono di soprassalto, Mingòn con il violino cominciò a suonare, Tugnàz con un carbone scrisse su di una pietra le prime note …poi prese l’organetto e cominciò a suonare pure lui. E la melodia scorreva sempre più variata e brillante nel suo prendere forma… la sentirono anche Jusèf e su moj, due ballerini che stavano ritornando dalla festa. Davanti a cà de Purèt attratti delle allegre note incominciarono a ballare. Con la polvere che sollevavano sull’aia attrassero altri curiosi, poi ne arrivarono altri e altri ancora, finchè praticamente tutti i paesani erano a cà de Purèt e tutti ballarono la manfrina; dove pareva che finisse ricominciava con maggior brìo! Si suonò e si ballò fino a notte fonda e tutti lasciarono una moneta per Mingòn e Tugnàz che riuscirono a riempire le tasche. A furor di popolo quella ballata fu chiamata “MANFRINA de Pas dè Gàt”. La prima e originaria partitura musicale fu trascritta su pergamena da Don Gasparì il cappellano più giovane, su insistente richiesta dei parrocchiani; tutti l’avevano nelle orecchie ma nulla sapevano scrivere! Don Gasparì la conservò gelosamente in sagrestia e la tirava fuori tutti gli anni per la festa della mietitura. Furono molti i suonatori di passaggio che grazie a quel documento prezioso poterono suonarla… e questo usanza durò per moltissimi anni!
Come tutti i viventi del mondo anche per Don Gasparì giunse l’ora e durante il gelido inverno del 1916 partì…il signore l’aveva chiamato in cielo alla sua corte.
Si avvicinava l’estate 1917, era tempo di fare i preparativi per la festa di inizio raccolto, bisognava trovare lo spartito, ma cerca su e cerca giù, cerca dappertutto…la manfrina non si trovò. La festa perse il suo vigore e con il tempo fu soppressa. Passarono tanti lunghi anni (quasi un secolo) ed era il primo giorno d’aprile del 2009 quando durante i lavori di restauro della chiesina nell’intercapedine di un muro, dietro a certe pietre smosse fu trovata una valigia; fu aperta con grande attenzione e tra le altre cose c’era l’antico ma ancora leggibile spartito… finalmente la “Manfrina dè Pas de Gat” si poteva ballare di nuovo. Furono chiamati Carlon e Fafètta due rinomati musici che venivano da lontano, che, come i loro antesignani, suonavano violino e organetto. Furono chiamati anche Jakmj e su mòj due agili ballerini che insegnarono a tutti come ballarla. All’inizio dell’estate si fece una grande festa che portò in paese gente da tutta la Romagna e anche da più lontano. Ma questa volta lo spartito non fu conservato solo in paese…il Comitato lo ha fotocopiato a carriolate e l’ha dato si suonatori più valenti che la stanno portando in tutta Europa e anche più il là!
Da tutte le parti arrivavano mercanti, saltimbanchi e suonatori… tra questi ve n’erano due molto abili che dalla montagna eran scesi a piedi seguendo il corso del fiume Santerno. Si chiamavano Mingòn e Tugnàz, uno suonava il violino, l’altro suonava l’organetto. Giunti in prossimità della bolgia si accorsero di essere sulla riva sbagliata del fiume. L’acqua era alta e non volevano rischiare perciò dovettero pagare la gabella (cinque soldi) ad un traghettatore soprannominato e Gàt (padrone del passo) che li portò sulla riva sinistra del Santerno…così arrivarono stanchi, affamati e a tasche vuote.
Incominciarono a suonare di casa in casa presentando i dovuti rispetti ma appena sentivano quei profumi di arrosto e di zuccherini… i padroni li mandavano via dicendo di andare a suonare da un’altra parte… e che “ad arrosto e zuccherini ci avrebbero pensato i loro parenti”.
Bussarono anche dal prete, che ahimè diede loro solo un pezzo di pane secco, un bicchiere d’acqua poi li salutò in fretta. Si seppe poi che era andato a pranzo da Frazcò, il riccone del paese.
Mingòn e Tugnàz erano disperati. Videro in fondo alla strada un capanno con qualche albero. Con il caldo che fa – disse Mingòn – potremmo riposarci un po’. Fu così che arrivarono a cà dè Purèt.
E Purèt era un uomo di cuore, ma povero. La sua ricchezza era la Minghjna, la moglie, una brava cuoca. “Mèt sò la padèla” disse a Minghjna… “Iquè a javèn dù afamé”
Questa prese cipolle e fagioli li mise in una padella sul fuoco poi mandò e Purèt in cantina a prendere delle salsicce e del buon vino “Tùl din t’la bot de cantò” gli urlò la Minghjna.
Mingòn e Tugnàz mangiarono “cun n’in stéva piò” ed erano anche un tantino alticci. Si addormentarono all’ombra degli alberi e fecero tutti e due lo stesso sogno…sognarono una nuova musica! Si svegliarono di soprassalto, Mingòn con il violino cominciò a suonare, Tugnàz con un carbone scrisse su di una pietra le prime note …poi prese l’organetto e cominciò a suonare pure lui. E la melodia scorreva sempre più variata e brillante nel suo prendere forma… la sentirono anche Jusèf e su moj, due ballerini che stavano ritornando dalla festa. Davanti a cà de Purèt attratti delle allegre note incominciarono a ballare. Con la polvere che sollevavano sull’aia attrassero altri curiosi, poi ne arrivarono altri e altri ancora, finchè praticamente tutti i paesani erano a cà de Purèt e tutti ballarono la manfrina; dove pareva che finisse ricominciava con maggior brìo! Si suonò e si ballò fino a notte fonda e tutti lasciarono una moneta per Mingòn e Tugnàz che riuscirono a riempire le tasche. A furor di popolo quella ballata fu chiamata “MANFRINA de Pas dè Gàt”. La prima e originaria partitura musicale fu trascritta su pergamena da Don Gasparì il cappellano più giovane, su insistente richiesta dei parrocchiani; tutti l’avevano nelle orecchie ma nulla sapevano scrivere! Don Gasparì la conservò gelosamente in sagrestia e la tirava fuori tutti gli anni per la festa della mietitura. Furono molti i suonatori di passaggio che grazie a quel documento prezioso poterono suonarla… e questo usanza durò per moltissimi anni!
Come tutti i viventi del mondo anche per Don Gasparì giunse l’ora e durante il gelido inverno del 1916 partì…il signore l’aveva chiamato in cielo alla sua corte.
Si avvicinava l’estate 1917, era tempo di fare i preparativi per la festa di inizio raccolto, bisognava trovare lo spartito, ma cerca su e cerca giù, cerca dappertutto…la manfrina non si trovò. La festa perse il suo vigore e con il tempo fu soppressa. Passarono tanti lunghi anni (quasi un secolo) ed era il primo giorno d’aprile del 2009 quando durante i lavori di restauro della chiesina nell’intercapedine di un muro, dietro a certe pietre smosse fu trovata una valigia; fu aperta con grande attenzione e tra le altre cose c’era l’antico ma ancora leggibile spartito… finalmente la “Manfrina dè Pas de Gat” si poteva ballare di nuovo. Furono chiamati Carlon e Fafètta due rinomati musici che venivano da lontano, che, come i loro antesignani, suonavano violino e organetto. Furono chiamati anche Jakmj e su mòj due agili ballerini che insegnarono a tutti come ballarla. All’inizio dell’estate si fece una grande festa che portò in paese gente da tutta la Romagna e anche da più lontano. Ma questa volta lo spartito non fu conservato solo in paese…il Comitato lo ha fotocopiato a carriolate e l’ha dato si suonatori più valenti che la stanno portando in tutta Europa e anche più il là!